Fare il promoter vi sembra un lavoro semplice e scontato? Tutto il contrario: spesso la figura del promoter ricopre un ruolo che va ben oltre la semplice spinta all’acquisto. Il promoter è volto del Brand per il consumatore, è ponte comunicativo fra le persone e la marca stessa.
Generalmente visto come il semplice lavoretto per arrotondare o mantenersi qualche sfizio durante gli studi, quello del promoter richiede a volte formazione e molte skill e requisiti. Già perché il promoter non è un semplice addetto alla vendita, né è paragonabile a hostess o steward.
Promoter non si nasce ma si diventa
Ci sono skill e requisiti fondamentali che si possono sviluppare nel tempo, con l’esperienza sul campo o con corsi di formazione che molte aziende fanno seguire agli staff prima dell’inizio del lavoro vero e proprio.
In molti annunci di lavoro, alla voce “requisiti fondamentali”, spesso si legge “proattività, bella presenza, essere dinamici e intraprendenti, capacità di ascolto, capacità comunicative e di persuasione”.
Sembra che i selezionatori vogliano dirci un po’ tutto e niente. A dir la verità queste skill sono fondamentali per il lavoro del promoter. Vediamole nel dettaglio.
Proattività
Proattività è la capacità di portare soluzioni a possibili difficoltà che possono avvenire sul lavoro. Attenzione non è problem solving, ma è più un agire in anticipo per una situazione futura, piuttosto che reagire. Essere proattivi significa saper prendere e tenere il controllo della situazione tanto da far accadere gli eventi, è dirigere e non attendere che qualcosa accada. In breve: il promoter non deve aspettare che il consumatore vada da lui, ma attirarlo a sé.
Bella presenza
Non è questione della bellezza che Madre Natura ci ha donato, ma molto di più. Con questa voce si vuole indicare un requisito ben preciso: buon portamento, eleganza nel porsi e nel parlare con le persone, ordine e cura della propria persona, etc.
L’obiezione che nasce spontanea è che questa caratteristica può essere ritenuta soggettiva: ciò che reputo io di bella presenza non è lo stesso che giudicheresti tu come tale, quindi come cercare di sviluppare questa skill?
Basta avere un pizzico di astuzia e di buon senso: se ci stiamo candidando per la posizione di promoter, ci presenteremo al colloquio e poi sul posto di lavoro con una cresta fucsia o piuttosto con un capello ritenuto comunemente più ordinato (una coda o una pettinatura casual) e un volto “acqua e sapone”? Scegliamo jeans stracciati o pantalone dalle tonalità neutre? Il buon senso e l’astuzia consigliano le seconde opzioni ovviamente.
La bella presenza nasce prima dal buon senso per poi crescere con l’esperienza sul campo: man mano che si lavora, si sviluppa sempre più il senso critico circa ciò che è consono indossare, dire e avere come atteggiamento durante una promozione e ciò che invece non è adatto.
Consiglio per chi è un promoter alle prime armi: la semplicità (ben altro dalla banalità), unita a un sorriso e un buon portamento, è sempre una buona strada da seguire per apparire di bella presenza.
Essere dinamici e intraprendenti
Più semplice di quanto sembra. Significa essere pronti all’iniziativa, avere prontezza di spirito nell’ideare e nel gestire le situazioni. Una caratteristica questa che ben si accompagna alla proattività.
Dinamicità e intraprendenza però significano essere in grado di “rispondere” prontamente a un fatto che è accaduto, come una domanda difficile di un consumatore o un contrattempo operativo durante la giornata lavorativa. È qui che il promoter tira fuori gli artigli e affronta tutto con intelligenza e positività.
Capacità di ascolto, capacità comunicative e di persuasione
Queste caratteristiche possono essere spiegate tutte insieme. All’apparenza le più banali e scontate, queste skill sono al contrario le più fondamentali e allo stesso tempo le più difficili da sviluppare.
Quasi tutti sappiamo sentire, ciò non significa che sappiamo anche ascoltare chi abbiamo di fronte, per esempio il consumatore.
Spesso un promoter parte in quinta a parlare del prodotto, inondando il consumatore con nozioni tecniche, slogan markettari, benefici incredibili che il prodotto porta con sé. E spesso questo promoter si stupisce di vendere poco: “ma come gli ho spiegato tutto per bene?”
Al consumatore non importa nulla del vostro prodotto fino al momento in cui non gli date una ragione valida per averlo nella propria vita.
La “ragione valida” però non è uguale per tutti: ognuno ha ragioni, motivazioni, sentimenti, vissuti quotidiani molto personali. Per capire qual è la ragione valida su cui puntare bisogna ascoltare il consumatore. Per ascoltarlo bisogna farlo parlare e per farlo parlare bastano poche domande intelligenti.
Se poniamo al nostro consumatore le domande giuste otteniamo da lui le informazioni che ci servono per capire su che caratteristica del prodotto puntare.
E qui, dopo l’ascolto, iniziamo a comunicare: comunicare non significa sciorinare tutte le caratteristiche tecniche del prodotto, ma scegliere quelle che ci sembrano appropriate al nostro consumatore e declinarle in un discorso realistico.
Per esempio, se stiamo vendendo uno sportwatch e ci troviamo di fronte una signora di 50 anni, apparentemente in forma con una fede al dito, probabilmente è una mamma con dei figli. Perché non iniziare ad ascoltarla chiedendole se conosce il tipo di prodotto che stiamo promuovendo, se lo ha mai usato e, se sì, se si è trovata bene o male e con quale Brand?
Da questo ascolto possiamo iniziare a parlare creando un racconto personalizzato. Se scopriamo che è una mamma sportiva che ama correre tutti i giorni, possiamo persuaderla con una comunicazione più tecnica: battiti registrati dallo sportwatch, misurazione attività muscolare etc. Se intuiamo che è una mamma a tempo pieno che non ha mai tempo di fare sport, possiamo proporre il nostro prodotto per un utilizzo più semplice: misurazione dei passi e dei km giornalieri percorsi, chilocalorie bruciate etc.
È solo dall’ascolto che nasce la persuasione!