gestire le emozioni

L’importanza di gestire le emozioni per un promoter

L’importanza di gestire le emozioni per un promoter 940 500 Blog | Promoternet

Gran parte della nostra vita è accompagnata e regolata da emozioni. Sono loro che ci consentono di valutare immediatamente le variazioni più o meno improvvise dell’ambiente che ci circonda. In qualche modo sono il nostro sesto senso, utile a valutare la situazione e stimolare in noi una risposta adeguata alla situazione stessa.

Nella vita privata si accetta con più facilità l’emotività delle persone, è in questa sfera che ci sembra debbano stare le emozioni. Sul lavoro invece no: si richiede obiettività e autocontrollo. Questo sesto senso, le emozioni, di certo non si addormentano quando siamo sul luogo del lavoro ma come gestirle soprattutto in quei lavori, come il promoter, dove la relazione umana ed empatica è fondamentale? 

L’intelligenza emotiva di un promoter

L’intelligenza emotiva è la capacità di riconoscere e controllare le emozioni proprie e altrui e utilizzare queste informazioni per agire in modo efficace a seconda del contesto. È una capacità molto apprezzata e ricercata in diverse figure lavorative. Il promoter è una di queste.

La figura del promoter infatti è centrale per un Brand, un negozio o un’agenzia perché è quella persona che parla con il consumatore, agli occhi del quale è volto della marca in quel momento. È un lavoro però che ha che fare con persone ed è facile che le emozioni entrino in gioco.

Se una persona ci sembra simpatica a pelle, come reazione, sviluppiamo un atteggiamento positivo e più accondiscendente nei suoi confronti. Viceversa, quando una persona appare antipatica o maleducata tendiamo ad alzare nei suoi confronti delle barriere emotive, sembrando più freddi e distaccati e poco inclini a un dialogo proficuo. Lavorare come promoter e comunicare il prodotto in questo secondo caso è più difficile.

Nelle offerte di lavoro per promoter è difficile trovare tra i requisiti richiesti “spiccata intelligenza emotiva”, piuttosto si leggerà “buone doti relazionali e comunicative”. Il motivo è semplice: l’intelligenza emotiva ha a che fare con la capacità di sapersi relazionare con le persone in modo efficace e professionale.

Come gestire le emozioni?

Una ricetta vera e propria per gestire le emozioni non esiste, potremmo dire che rientra “in un percorso di crescita personale”. Come per molte soft skill, però, è possibile migliorare la propria intelligenza emotiva e allenarsi nel tempo. Un modo per il promoter di gestire le emozioni è darsi degli schemi mentali da seguire per affrontare più situazioni possibili con professionalità, darsi una sorta di copione semi-scritto per essere pronti a calibrare l’emotività ogni volta che “si entra in scena” in negozio. 

Come abbiamo scritto in Requisiti del promoter: una professione tutt’altro che scontata, è possibile allenare la propria capacità di relazione imparando dapprima ad ascoltare il cliente che si ha di fronte, per intuire le sue necessità e la sua personalità, per poi creare un racconto del prodotto personalizzato per quella persona.
Il primo passo è quindi fare delle domande al proprio interlocutore per comprendere chi è e quali sono i suoi interessi: “Conosce già il prodotto? Ha mai usato questa tipologia di prodotto? Conosce il competitor?” Le risposte, mescolate alla propria capacità di osservazione del contesto (è una donna apparentemente madre di famiglia, è un uomo probabilmente sportivo, questa persona ci sembra di fretta e poco incline ad ascoltare etc..) sono il punto di partenza per costruire un racconto personalizzato del prodotto adatto a quella persona.

Tenere a mente uno schema, delle domande da fare, delle possibili risposte che vengono date, è utile per affrontare la situazione e avere una padronanza lucida delle proprie emozioni, a non far emergere nervosismo e stanchezza o anche antipatia. Questo non significa che le emozioni debbano essere bandite dal lavoro: siamo persone ed è bello che ognuno abbia una propria personalità. Gestire le emozioni non vuol dire infatti soffocarle, ma piuttosto coordinarle, aiutandosi con schemi di relazione perché la propria professionalità non ne risenta mai sul luogo di lavoro.